
21 Mar Intervista a Cinzia Pilo
I bimbi farfalla? Forza di volontà e amore per la vita
800 malati in Italia, 5 anni di massima aspettativa di vita per i casi più gravi, 0 cure. Sono i numeri di Fondazione REB, il progetto scientifico nato anche grazie a Debra Onlus, per promuovere la ricerca sull’Epidermolisi Bollosa (EB), una malattia rara caratterizzata da fragilità della pelle e delle mucose che porta alla formazione di lesioni bollose a seguito di sfregamento o pressione.
Un progetto, il solo in Italia, che cerca di aiutare i bimbi farfalla – chiamati così per la fragilità della loro pelle – a poter scoprire la bellezza di un abbraccio e di una carezza.
Esistono diverse forme della malattia. Alla variabilità clinica corrisponde una notevole eterogeneità genetica. Ad oggi sono stati identificati numerosi geni responsabili delle varianti di EB e sono state formulate, e in parte testate, alcune strategie di cura.
Ci sono però ancora grandi lacune di conoscenza che frenano lo sviluppo di terapie efficaci e l’attivazione di sperimentazioni cliniche allargate per le persone con EB. Per questo Fondazione REB ha bisogno di un grande sostegno, e anche per questo si era messa in moto la terza edizione di ThinkTO. Il format, creato da Think (agenzia pubblicitaria di Busto Arsizio), che si sarebbe dovuto svolgere il 20 marzo, coronavirus permettendo.
Chiaramente, l’evento è solo rimandato a tempi migliori. Ma in attesa di poter tornare a riunirci e nutrirci di scambi e reciprocità, pubblichiamo la nostra intervista a Cinzia Pilo, presidente di Debra Onlus e Fondazione REB. Perché i bambini farfalla non possono attendere la fine dell’epidemia.
“Quando è stato dimesso l’abbiamo portato a casa, ma non ci è stata data nessuna speranza. Ci è stato anche detto di scordarci che ci sarebbero potuti essere miglioramenti o trattamenti. Tuttavia, io e mio marito abbiamo deciso di non arrenderci, abbiamo pensato che fosse il caso di lottare per nostro figlio e anche per tutti gli altri con questa malattia. Io, in particolare, mi sono ripromessa che nessun bambino avrebbe più sofferto come è successo a mio figlio durante i primi mesi, nei quali non aveva più pelle in nessuna parte del corpo. Gli accessi venosi gli venivano presi sulla testa, non aveva più un lembo di pelle in tutto il corpo.”